Omelia Domenica VII - A
Sono molti coloro che, leggendo l’Antico Testamento, si scandalizzano di tante sue pagine costellate di guerre, vendette, violenza e così via. Ed è allora così facile cadere nell’errore di pensare che Gesù sia venuto a portare una nuova legge sull’amore nei confronti del nostro prossimo. In realtà, la parola che ascoltiamo oggi nella liturgia corregge questo modo di pensare diffuso. Dio, invece, fin dall’inizio, ha dato questa profonda indicazione: «amerai il prossimo tuo come te stesso» (Ia lettura) e si è definito «lento all’ira e grande nel perdono». Dunque Gesù non si è inventato un Dio nuovo, ma ci ha fatto riscoprire il vero volto di Dio. Ancora la prima Lettura ci ha ricordato che, al di là di tutte le stratificazioni della cattiveria umana, il Signore ha a cuore questa misericordia dell’amore assai impegnativa per noi che siamo tentati di rispondere al male con il male: «Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello».
Dunque, che cosa c’è di nuovo nell’insegnamento di Gesù? La risposta è semplice e complessa: c’è la sua vita, la sua testimonianza che, sulla croce, perdonerà ai suoi nemici! Giustamente, come dicono i biblisti, Gesù interpreta bene l’Antico testamento, legando ogni sua norma morale con la sua persona. È qui la vera, grande novità. Da Lui impariamo a comprendere bene il Dio in cui crediamo e a cui ci affidiamo. Gesù così insegna tutto questo nel Discorso della Montagna che la Chiesa ci mette davanti in queste domeniche che precedono la Quaresima. Nella pagina che ci viene proposta nel Vangelo di oggi (vv 38-47) indica qualcosa che lui stesso ha pienamente realizzato nella sua avventura terrena: «Amate i vostri nemici, pregate per loro, perché siete figli di Dio».
Così, in tutto il Discorso della Montagna, noi non incontriamo delle regole o leggi morali che lasciano il tempo che trovano, ma troviamo Qualcuno, Gesù crocifisso e risorto. Un Vivente, non già un dispensatore di etica e di morale. È un trovarsi di fronte a Dio senza tanti accorgimenti umani che ne velano la volontà pura e semplice: la comunità cristiana, per la quale Matteo ricorda questo insegnamento di Gesù, era una comunità perseguitata e sperimentava dolorosamente questa persecuzione. A questa comunità (e anche a noi) Gesù ricorda che se vogliamo essere autentici “figli di Dio” dobbiamo comportarci come Lui che ha perdonato e pregato per i suoi nemici: «volete essere figli di Dio? Comportatevi come Lui che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi». Ma l’insegnamento di Gesù è ancora più profondo: il destino dell’umanità non è solo la vita della Chiesa, bensì il Regno di Dio.
La giusta intenzione della Buona Novella di Gesù è, dunque, quella dell’amore di Dio che si riversa sul fratello: offrire agli altri, anche al nemico più terribile, la possibilità di conoscere, attraverso il perdono, Gesù Cristo, di credere e di sperare in Lui. È un grande atto di carità o è il tradimento che viene annunciato dalla nostra testimonianza. Ne deriva che l’amore cristiano non si dirige ai non cristiani, solo per farli cristiani, ma per riconoscere in tutti gli uomini i destinatari dell’amore di Dio e insieme a tutti servire il bene comune della famiglia umana (S. Dianich). La prima reazione che proviamo di fronte a tutto questo è molto positiva e anche di grande gioia: sì, è così, così deve essere. Ma subito dopo avvertiamo la domanda: ma ciò è possibile? Posso perdonare a chi mi fa del male, a chi mi odia?
Intanto, dobbiamo capire che entrare nell’amore di Dio, di Gesù è un cammino progressivo: quanto più amiamo Dio, e seguiamo così Gesù, tanto più ameremo il nostro prossimo. Non c’è una via di mezzo. Ameremo anche i nostri nemici e persecutori. Dobbiamo pensare a tutti quei cristiani che, in nome di quest’amore, hanno potuto perdonare i loro nemici. Pensiamo a San Massimiliano Kolbe che, nell’inferno di Auschwitz, muore perdonando ai suoi aguzzini nazisti. E a tanti altri cristiani, come i martiri giapponesi del XVI secolo,
Preghiamo il Signore oggi di donarci questo suo amore che è “senza misura” e di saperlo testimoniare ai nostri fratelli nella vita e nella speranza di un mondo migliore.
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